Istruzione primaria e montagna - 5. Normativa vigente

Le policies che hanno contraddistinto gli
ultimi anni e che interessano nel nostro discorso seguono due principali
direzioni: l’autonomia scolastica,
secondo il principio di sussidiarietà, e la riduzione
della spesa pubblica, sospinta dalla crisi e dal problema del debito pubblico
del nostro paese.
Se la riduzione della spesa pubblica è ormai
una costante in ogni nuova legge (tagli di personale amministrativo, tecnico,
ausiliario, rapporto alunni/insegnante, dimensioni classi, ecc.), per quanto
riguarda l’autonomia scolastica, la
prima legge ad andare in questa direzione fu la n. 59/1997 riguardante la "Delega
al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti
locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa", definendo nell’ art. 21 tre forme dell’autonomia
scolastica:
a) autonomia organizzativa
b)
autonomia
didattica
c)
autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
Le diverse modalità di attuazione di tale autonomia vengono
però ufficialmente regolate con la firma del Decreto del Presidente della Repubblica n.275 dell’ 8 marzo 1999 (“Regolamento recante norme in materia di Autonomia
delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'art.21, della legge 15
marzo 1999, n.59”), il quale nell’articolo 1, presentandone le
finalità, indica l’autonomia delle istituzioni scolastiche come “garanzia di libertà di insegnamento e di
pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione
di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della
persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle
caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il
successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del
sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo
di insegnamento e di apprendimento”.
Un’importante innovazione recata da questo Regolamento, sta
nell’introduzione del Piano dell’Offerta
Formativa - POF (art.3), ovvero il documento fondamentale attraverso il quale ogni istituzione
scolastica espone la propria identità culturale e progettuale, esplicitando la
specifica programmazione curricolare, extracurricolare, nonché educativa ed
organizzativa. Le istituzioni scolastiche sono comunque tenute a conformarsi
agli obiettivi generali ed educativi determinati a livello nazionale inserendo
nel POF non solo delle attività e degli insegnamenti a scelta, ma anche il curricolo obbligatorio definito dal
Ministero per quel percorso di studi. Il POF deve altresì riflettere “le esigenze del contesto culturale, sociale
ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione
territoriale dell'offerta formativa” (art.8, comma 2). Quest’ultimo
concetto è rilevante per affrontare il nostro discorso. Un ulteriore
approfondimento legato al rapporto tra autonomia scolastica e contesto
socio-economico-culturale lo troviamo nell’ Articolo 9 dedicato all’Ampliamento dell’offerta formativa:
“Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete
o tra loro consorziate, realizzano ampliamenti dell'offerta formativa che
tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle
realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente
con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con
eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione
giovanile e degli adulti”.

Un’altra legge importante per inquadrare la situazione
normativa che riguarda le scuole di montagna è il DPR 233/1998, ossia il regolamento per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche statali e
organici funzionali di istituto, che prevede un numero di alunni
compreso tra i 500 e i 900, abbassando però la soglia minima a 300 per le
scuole di montagna e le isole. Nel caso non fosse possibile raggiungere queste
soglie, le scuole dello stesso grado o di gradi diversi (materna, elementare,
media), devono unirsi e costituire un istituto
comprensivo. Sono comunque concesse delle deroghe nelle province che
presentano almeno un terzo di territorio montano. Alle Regioni ed alle
Autonomie locali è attribuita ogni competenza in materia di soppressione, istituzione,
trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni scolastiche che abbiano
ottenuto la personalità giuridica e l'autonomia.
Ci soffermeremo brevemente sull’aspetto dei parametri per la
formazione della pluriclasse, poiché rilevante in questa sede. Il DPR 81/09
prevede un innalzamento del numero minimo di alunni necessari per l’attivazione
della classe (15 alunni per la scuola primaria) e che le pluriclassi
(attivabili in zone disagiate e nei comuni montani, Art. 8) siano comprese tra
un numero di 8 e 18 alunni[3]. Al comma 4 si
sancisce inoltre che per i comuni montani
il numero minimo passa da 6 a 10 bambini. L’attivazione della pluriclasse
non prevede soglie inferiori nelle zone di montagna, essendo questa una
possibilità riservata proprio alle scuole delle aree più disagiate. Perciò la
soglia massima di 18 alunni potrebbe
significare nelle comunità più piccole l’istituzione di pluriclassi uniche,
comportando di conseguenza un impoverimento della qualità didattica determinata
dal sorgere di situazioni complesse quali la gestione di bambini di età e
sviluppo troppo distanti[4]. Riguardo a questa problematica Angelo Rughetti, segretario
generale Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha inviato una lettera
al Capo dipartimento per l’Istruzione del MIUR affinché si “Preveda con sollecitudine l’emanazione di
una circolare sulla formazione delle pluriclassi nei Comuni montani”,
chiedendo di concedere una deroga al parametro di 18 alunni ed a
quello di formazione delle classi, soprattutto nelle situazioni in cui nella
pluriclasse siano presenti alunni diversamente abili o stranieri[5]. Questo è un ulteriore indizio che prova l’esigenza di
introdurre una normativa ad hoc per
le scuole di montagna, data la loro specificità e le grandi differenze strutturali
che le fanno distinguere dalle istituzioni scolastiche “urbane”.
[1] Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria, 6 agosto 2008, n.133
[2] Regolamento emanato con il DPR del 20 marzo 2009, n.81
[2] Regolamento emanato con il DPR del 20 marzo 2009, n.81
[3] Cfr. il suddetto Regolamento, Titolo II,
art.10
[4] Cfr. Le
scuole montane come presidi educativi di eccellenza. Documento di Montegabbione,
2011.
[5] Notizia pubblicata sul sito
dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, 25 luglio 2012, link in
bibliografia.
Commenti
Posta un commento