Istruzione primaria e montagna - 2. Lo spopolamento: evoluzione demografica delle zone di montagna
II. LO SPOPOLAMENTO: EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DELLE ZONE DI MONTAGNA
Parlando
di spopolamento montano intendiamo quel processo
di progressivo calo demografico che interessa vaste aree e regioni d’Italia e
d’Europa, con il conseguente esodo verso zone urbanizzate o in via di
urbanizzazione, situate perlopiù in pianura o sul fondovalle. Si tratta di
una tendenza che interessa le aree rurali in generale (l'OCSE definisce le zone
rurali come comunità con una densità di popolazione inferiore a 150 abitanti
per chilometro quadrato), in particolare nell’Italia meridionale, in Finlandia,
nelle Svezia e Scozia settentrionali,
nella Germania orientale, nelle parti orientali della Polonia e in altri nuovi
Stati membri dell’ Unione Europea.[1]
la
conseguenza del passaggio dall’austera economia di sussistenza a quella di
mercato. La prima era caratterizzata dalla chiusura delle comunità in piccole
cellule che vivevano quasi esclusivamente della produzione famigliare a cui era
giocoforza unire una drastica compressione dei consumi; la seconda invece è
fondata sull’apertura a mercati vicini e lontani, sulla circolazione delle
merci, sugli scambi commerciali incrementati da una larga espansione dei
consumi.
Naturalmente
ci fu un’accelerazione di questo processo in seguito al boom economico degli
anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, ma soprattutto dagli anni Settanta
in poi, su spinta della crescente globalizzazione e della decadenza dello
stato-nazione a favore dei mercati, in queste aree subirono un forte declino i
servizi e le politiche pubbliche [3].
Non dobbiamo guardare allo spopolamento montano considerando solamente il mutamento della struttura economica: forti sono state e sono tuttora le motivazioni sociali e psicologiche che spingono gli abitanti dei monti a lasciare i paesi di origine. Il tenore di vita dei cittadini veniva (utilizzo il tempo passato per sottolineare la radicale trasformazione avvenuta dalla seconda metà del secolo scorso) considerato desiderabile dagli abitanti della montagna, abituati a respirare una sensazione di marginalità e di inferiorità. Basti pensare agli appellativi “montanaro” e “contadino”, spesso ancor oggi in uso come insulto o come segno di scherno, tesi a rinforzare uno stereotipo di arretratezza e rozzezza attribuito agli abitanti di località rurali.
Interno di un'abitazione abbandonata in un paese di montagna: una vera e propria fuga... |
1 LO SPOPOLAMENTO OGGI
Non è
completamente corretto dire che ogni area di montagna sia soggetta al calo
demografico. A riguardo, analizzando i risultati delle ricerche effettuate sul
nostro paese, vediamo che nell’ultimo decennio in gran parte dei comuni montani
compresi tra tutte le regioni italiane, si è verificato un incremento del
numero di abitanti (vedi Tabella 3). Solo la popolazione dei comuni montani di
alcune regioni meridionali sembra essere diminuita, mentre in Trentino –
Südtirol c’è stato un incremento addirittura del 10,9%.
Tabella
3. Variazione popolazione residente nei comuni italiani montani e non
montani, per regione, 2001/2011
|
||
Regione
|
Montani
|
Non montani
|
Var. % 2001 - 2011
|
Var. % 2001 – 2011
|
|
Piemonte
|
2,8%
|
6,1%
|
Valle d’Aosta
|
7,5%
|
-
|
Lombardia
|
7,0%
|
10,6%
|
Trentino – Südtirol
|
10,9%
|
-
|
Veneto
|
2,6%
|
10,0%
|
Friuli – Venezia Giulia
|
-0,6%
|
5,3%
|
Liguria
|
4,5%
|
1,8%
|
Emilia – Romagna
|
5,2%
|
11,8%
|
Toscana
|
4,0%
|
7,8%
|
Umbria
|
9,9%
|
10,1%
|
Marche
|
4,3%
|
9,0%
|
Lazio
|
5,9%
|
12,6%
|
Abruzzo
|
0,2%
|
8,6%
|
Molise
|
-2,6%
|
1,7%
|
Campania
|
-2,6%
|
2,7%
|
Puglia
|
-7,0%
|
1,9%
|
Basilicata
|
-3,8%
|
1,2%
|
Calabria
|
-5,0%
|
1,7%
|
Sicilia
|
-2,4%
|
1,8%
|
Sardegna
|
2,7%
|
2,3%
|
Totale
|
3,2%
|
7,0%
|
Fonte:
elaborazione IFEL – Dipartimento Economia Territoriale su dati Istat, 2011
|
Questi dati sembrano quindi
cozzare contro tutto ciò che è stato illustrato in precedenza. Se però diamo
uno sguardo alla Tabella 4, notiamo che i comuni montani più piccoli, quelli
con meno di duemila abitanti, hanno subìto un decremento della popolazione
dell’1,6%.
Tabella
4. Variazione popolazione residente nei comuni italiani montani e non
montani, per classe demografica, 2001/2011
|
||
Classe di ampiezza demografica
|
Montani
|
Non montani
|
Var. % 2001 - 2011
|
Var. % 2001 – 2011
|
|
0 – 1.999
|
-1,6%
|
4,5%
|
2.000 – 4.999
|
2,3%
|
8,6%
|
5.000 – 9.999
|
5,2%
|
10,6%
|
10.000 – 19.999
|
6,5%
|
10,7%
|
20.000 – 59.999
|
7,8%
|
7,1%
|
60.000 – 249.999
|
7,3%
|
5,5%
|
>=250.000
|
-
|
2,5%
|
Totale
|
3,2%
|
7,0%
|
Fonte:
elaborazione IFEL – Dipartimento Economia Territoriale su dati Istat, 2011
|
Per le
altre classi demografiche l’incremento è proporzionale alla grandezza del
comune: quelli tra i 2.000 e i 4.999 abitanti hanno visto una crescita del
2,3%, e quelli tra i 20.000 e i 59.999 abitanti sono cresciuti demograficamente
del 7,8%. E’ bene a questo punto
ricordare che il 64,5% dei comuni con meno di duemila abitanti si trova in
montagna (Tabella 2) e bisogna inoltre tenere conto che la variazione
demografica positiva (3,2%) è di intensità inferiore rispetto al dato medio
nazionale (6,4%). Se si analizzano tutti
questi dati in profondità si può quindi giungere alla conclusione che esistono due
distinte tendenze demografiche:
- Spopolamento dei comuni più piccoli, ossia quelli con meno di 2.000 abitanti e principalmente localizzati nel Mezzogiorno;
- Incremento demografico nei centri di medie e grandi dimensioni.
Questi
fenomeni di urbanizzazione e spopolamento a livello locale-regionale sono la
conseguenza della rivoluzione economica europea verificatasi negli ultimi
decenni, che ha travolto le occupazioni economiche tradizionali (agricoltura,
allevamento, piccolo artigianato) portando nuove attività e fonti di reddito.
Questo è avvenuto tuttavia in modo frammentario, soprattutto nei fondovalle o
lungo le grandi vie di comunicazione, dove sono andate a crearsi aree di
afflusso turistico o industriali,
lasciando altri territori ai margini, destinandoli così all’impoverimento
strutturale e demografico.
La
gente che si va concentrando negli spazi urbani del fondovalle si trova ad
acquisire in molti casi gli svantaggi delle zone densamente urbanizzate, quali
il traffico, le aree di insediamento
periferiche marginalizzate, l’inquinamento, la perdita di identità.[5] Secondo una ricerca condotta in
Liguria, finanziata dal Ministero dell’Istruzione, lo spopolamento della
montagna è caratterizzato da una vera e propria fuga della componente giovane
della popolazione, soprattutto femminile (quindi riproduttiva) e quando ha
raggiunto un livello di studio medio alto (una parte potenzialmente produttiva).[6]
Abbiamo
già detto che le cause dell’abbandono dei villaggi di montagna non vanno
ricondotte solamente a fattori economici ma anche a componenti sociali e
psicologiche quali la sensazione di marginalità, l’abbassamento della
percezione della qualità della vita e l’aumento del senso di “distanza” dai
centri urbani. Si analizzano nel prossimo paragrafo le principali conseguenze ed
i costi che comporta lo spopolamento montano.
[1] Cfr. Commissione Europea, Regioni in crescita, Europa in crescita.
Quarta relazione sulla coesione economica e sociale, Maggio 2007, Cap.1,
Tendenze territoriali a livello locale.
[2] Cfr. Basso I., Evoluzione demografica e spopolamento della Valsesia, tesi di
laurea. Questa ricerca, individuata su Internet tramite il servizio Google
Scholar, è reperibile su un blog, indirizzo in bibliografia.
[3] Cfr. Cobalti A., Globalizzazione e istruzione, 2006, cap. II
[4] Cfr. CIPRA Internaz., 1° Rapporto sullo stato delle Alpi,
1998, p. 93.
[5] Rossi A. e Zucca M. (a cura di), Report
di Ricerca Scuola e montagna: una nuova
alleanza educativa, finanziato dal MIUR, 2010
[6] Ibidem,
pag. 8.
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